MotoGP: Davide Brivio, da MotoLombardia all’Alpine-Renault F1

MotoGP: Davide Brivio, da MotoLombardia all’Alpine-Renault F1
Giovanni Zamagni
Mai un manager era passato dalle moto alla F1: ripercorriamo la strada di Davide, scelto dalla Casa Francese per una sfida bella e difficile con Fernando Alonso come pilota. Grande appassionato di motori, Brivio ha iniziato come cronista di gare di motocross locali…
18 gennaio 2021

Da cronista di gare di motocross locali, a “racing director” dell’Alpine/Renault F1: davvero una bella storia quella di Davide Brivio. “Sono sempre stato appassionato di motori, anche se tutti i miei amici erano interessati al altri sport”, ricorda Davide. Quando alla fine degli anni Settanta, Brivio mandò il suo curriculum alla Gilera, non poteva certo immaginare che sarebbe poi diventato un riferimento prima in SBK, quindi nel motomondiale, per poi iniziare una nuova avventura in F1, la massima espressione degli sport a motori.

“Avevo 14 o 15 anni - ha svelato una volta Brivio in una intervista ripercorrendo la sua storia - quando mandai una lettera alla Gilera: la fabbrica era vicino a casa mia (Brivio è nato il 17/7/63 a Casatenovo, in provincia di Lecco, NdA) e allora correvano nel motocross. Chiesi se avevano bisogno di qualcuno che aiutasse i meccanici con la benzina, le gomme, a pulire le moto… Gentilmente mi risposero, anche se in maniera negativa. Ho provato pure a correre nel motocross, ma non ero abbastanza bravo”.

Cronista di MotoLombardia

Davide fa il programmatore, ma la passione per le moto e le gare è troppo grande: vicino a casa c’è un piccolo circuito di cross dove, a volte, si allenano i piloti italiani. Per Brivio è una gioia immensa andarli a vedere e così inizia anche a seguire qualche gara regionale, facendo la cronaca per MotoLombardia, un mensile che all’epoca era noto tra gli appassionati proprio perché riportava il resoconto di tutte le competizioni minori. “Ho fatto anche qualche intervista - è sempre il ricordo di Brivio - per esempio, andai da Claudio Castiglioni per il decimo anniversario della Cagiva: le mie non erano vere e proprie interviste, più che altro chiedevo quello che interessava a me”.

Addetto stampa nel team di Fabrizio Pirovano

Grazie a un’agenzia pubblicitaria, la STO di Brescia, con la quale collabora, Davide ha l’opportunità di entrare nella squadra privata di Fabrizio Pirovano come addetto stampa. Fabrizio è supportato in qualche modo dalla Belgarda, allora la filiale italiana della Yamaha, ma il team è privato, il “reparto corse” è nel garage di Pirovano. E’ il 1990. “Ricordo ancora la mia prima trasferta, a Jerez de la Frontera: entro nel paddock e incontro subito Marco Lucchinelli, Giancarlo Falappa e altri piloti. Mi sembrava di essere a Disneyland…”.

Dal 1995 al 2000 in SBK

Per andare alle gare, Brivio prende giorni di ferie nel suo vero posto di lavoro, finché il titolare del suo ufficio gli fa notare che non ha più giorni a disposizione: deve fare una scelta. Davide opta per le moto e dentro al team di Pirovano cresce e fa esperienza, finché la Yamaha decide di entrare ufficialmente nel mondiale SBK nel 1995. Brivio è il team manager della squadra che schiera Yasutomo Nagai (che purtroppo morirà dopo un incidente ad Assen) e un giovanissimo Colin Edwards. E c’è anche una squadra italiana con Paolo Casoli e Maio Meregalli. Nel 1999 arriva Noriyuki Haga, con il quale Brivio sfiora il mondiale nel 2000: non lo vince per una squalifica per “doping” (efedrina) ad Haga.

2001: inizia l’era 500/MotoGP Yamaha

La Casa giapponese chiude il programma SBK e Brivio fa il manager, per conto della Yamaha, di Haga nel mondiale 500 del 2001 con la YZF500 del team Red Bull. Non solo: Davide ha il compito di preparare il reparto corse a Gerno di Lesmo, il paese al confine con l’autodromo di Monza dove ha sede la filiale italiana della Yamaha. Nel 2002 il debutto come team manager in MotoGP: piloti Max Biaggi e Carlos Checa. A metà 2002, la Yamaha decide di non rinnovare il contratto a Max per il 2003, e al suo posto viene preso Marco Melandri. E’ una stagione difficilissima, la Yamaha vince un solo GP, oltretutto con Alex Barros, pilota della squadra satellite.

“Nel 2005 - ha detto Brivio in un’altra intervista - la Yamaha avrebbe festeggiato il 50esimo compleanno: bisognava fare qualcosa di più, il titolo mancava da 12 anni. Ecco, quindi, che si cominciò a pensare a Valentino Rossi. All’inizio sembrava qualcosa di impossibile e ricordo che si aprì un dibattito interno, qualcuno diceva: 'Se Valentino vince è merito suo, se perde è colpa della Yamaha'. Io dissi: 'Cominciamo a vincere, poi vediamo'. Fu una lunga trattativa, andata a buon fine anche per l’arrivo di Masao Furusawa (il fondamentale direttore tecnico per l’evoluzione della M1, NDA): si può dire che lì è cambiata la storia della Yamaha, perché Valentino non ha solo trionfato, ma ha anche portato in Yamaha una mentalità vincente”.

Davide è uno degli artefici dell’arrivo di Valentino, con il quale il legame è strettissimo. Ma Brivio porta in Yamaha anche Jorge Lorenzo nel 2008: è lui che fa il contratto con il pilota spagnolo. I rapporti con Lin Jarvis, numero uno di Yamaha Corse, non sono però ottimali e quando Rossi a fine 2010 decide di passare alla Ducati, Brivio lo segue, lavorando come manager alla VR46, la società del campionissimo di Tavullia.

1 aprile 2013: si parte con il progetto Suzuki

Brivio sta benissimo con Rossi, ma gli manca la pista, il box, la responsabilità organizzativa. La Suzuki, ritiratasi dalle corse a fine 2011, vuole tornare in MotoGP: contatta almeno tre manager nel 2012 e in occasione del GP del Giappone di Motegi viene presa la decisione. Sarà Davide Brivio il team manager. In Giappone, i contratti scadono il 31 marzo; ecco, quindi, che l’1 aprile 2013, Brivio inizia il suo lavoro.

“La Suzuki si era ritirata solo due anni prima, quindi quando incontrai i vertici ero convinto che fosse 'solo' da riorganizzare una struttura già esistente. Chiesi dov’era il reparto corse, chi erano i tecnici, mi risposero che non c’era nulla: bisognava partire da un foglio bianco”.

Una bella sfida per Brivio, che allestisce il reparto corse - o meglio, il reparto della logistica, dove ci sono gli uffici, i camion, l’attrezzatura, i container (6 in tutto, 4 per il tea, 2 per l’hospitality) - a Cambiago, piccolo paese in Brianza. Partendo da zero, Davide sceglie tecnici e piloti giovani, con poca o nulla esperienza in MotoGP, ma grandissima motivazione: “Doveva venire in Suzuki come prima scelta, non come ripiego”.

Il lunedì successivo il GP della Catalunya 2013 (17 giugno), la nuova Suzuki con il quattro cilindri in linea debutta a Montmelò con Randy De Puniet e Nobuatsu Aoki. Poi, due giorni dopo, è di nuovo in pista, questa volta ad Aragon. Inizialmente, il programma è di tornare nel momomondiale nel 2014, ma la Suzuki rimanda di un anno e quella stagione viene usato solo per fare test. Si torna a gareggiare nel 2015: Aleix Espargaro è undicesimo al debutto in Qatar, Maverick Vinales quattordicesimo. Nel 2016, la prima vittoria (Vinales. GP Gran Bretagna) dà il via a una crescita costante che culmina con la conquista del titolo con Joan Mir nel 2020.

Un grande risultato: adesso Davide Brivio è pronto per un’altra grandissima sfida.

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