MotoGP, Casey Stoner: "La giovane promessa non mi voleva"

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Stoner va giù duro con Honda e Ducati. "Vorrei essere più coinvolto nella MotoGP"
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8 giugno 2020

Casey Stoner è famoso per la sua velocità, certo, ma anche per una sincerità adamantina, che unita al suo carattere quantomeno spigoloso lo ha sempre portato a non farsi molti problemi nel dire le cose con poca diplomazia.

Stavolta, in un'intervista a Behind the Visor, la trasmissione di FOX Network dedicata agli sport motoristici, Stoner ha raccontato a Chris Vermeulen diversi retroscena sulla sua vita attuale, parlando però anche, e soprattutto del passato, con qualche sassolino uscito dalla scarpa relativo ai precedenti datori di lavoro. Perché, dando risposta alla domanda che a tutt'oggi tiene banco fra gli appassionati, Stoner ha anche parlato con il connazionale di cosa sarebbe potuto succedere se non avesse dato l'addio alle corse.

"Sono convinto che avrei potuto continuare a lottare per il campionato, anche se non so se avrei vinto altri titoli - nessuno può dirlo" ha detto Stoner. "Però a volte mi è venuta voglia di tornare, anche se più per il piacere di lavorare con una squadra che non per correre: mettere a punto la moto in una sessione di prove, puntare a fare il giro più veloce possibile; la gara, paradossalmente, mi piaceva di meno. Sentivo una tensione incredibile, tagliare il traguardo era un vero sollievo, comunque fosse andata..."

Da qui la decisione di continuare, ma solo in veste di collaudatore.

"Con Honda ci avevo provato, ma la giovane promessa non mi voleva vicino..."

Il riferimento a Marc Márquez è chiaro, anche se la verità di Stoner è leggermente diversa da quella raccontata da Livio Suppo solo qualche settimana fa. E dopo c'è stato un clamoroso rientro in Ducati, a fine 2015, con un'avventura durata tre anni.

"Non siamo riusciti a trovare un accordo perché ho preferito fare un passo indietro. Con la squadra lavoravo molto bene, sapevo cosa chiedevano i piloti ma il problema è che non sempre si riesce ad accontentarli: spesso le Case danno troppa importanza ai dati, e tendono a preferire la direzione indicata da questi piuttosto che quella chiesta dai piloti. Era una lotta infinita, e ho preferito fare un passo indietro."

Ma non è che per questo Stoner si senta finito, anzi. A dispetto di tutte le voci che lo volevano disgustato dall'ambiente, Casey si sbilancia pensando addirittura a un ruolo attivo, sulla falsariga dei coach più esperti che ormai popolano i box dei piloti più forti.

"Credo di avere ancora molto da dare allo sport, e potrei dare il mio contributo grazie alla mia esperienza. Non voglio arrivare a dire di saper risolvere qualunque problema, ma so cosa serve per vincere. Anche se al momento devo prima vincere questo problema di affaticamento cronico e poi capiremo - diciamo che mi piacerebbe essere più presente nella MotoGP"

Molto interessante anche quando l'intervista si sposta sul passato. Su quale siano stati il suo pilota, la moto e la pista preferiti.

"Sul pilota non c'è discussione: il più grande di sempre è Michael Doohan. È il mio idolo da quando avevo 6 anni, credo che nessuno regga il paragone con quello che ha saputo fare rientrando dopo l'incidente. La sua determinazione è stata un'ispirazione per tutta la mia carriera. Per quanto riguarda la moto, direi che il pacchetto Honda 2012 - Bridgestone, prima che le gomme venissero modificate fra i test precampionato e l'inizio della stagione, fosse quello perfetto."

"Per la pista, sicuramente Phillip Island, anche se paradossalmente all'inizio della mia carriera, nelle classi inferiori, non mi piaceva per nulla. In MotoGP le cose sono cambiate. E poi è la pista in cui sono tornato ad andare forte nel 2009, battendo Rossi e imponendo il mio ritmo, per non parlare di quando ci ho vinto il titolo nel 2011 in una delle giornate meteorologicamente più difficili della mia carriera. Però ho vinto gara, titolo ed era anche il mio compleanno. Cosa chiedere di più?"