Nico Cereghini: “Lo stress del numero Uno”

Nico Cereghini: “Lo stress del numero Uno”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Marquez come Hailwood e tanti altri: essere pilota ufficiale della Honda è l’ambizione di quasi tutti. E tutte le altre Case vorrebbero avere la forza della Honda. Ma quando sei il numero Uno, e ti metti i gioco, hai anche tanto da perdere…
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
10 gennaio 2022

Ciao a tutti! I dubbi e le ansie che circondano Marc Marquez -e il suo rientro e le sue reali condizioni fisiche- mi ricordano da vicino l’incertezza che aleggiò intorno al recupero di Freddie Spencer nella lontana stagione 1986, che qualcuno certamente ricorda. Anche allora il pilota era il più forte, anche allora il suo ritorno fu a lungo rimandato.

Le analogie finiscono qui, perché Marc è uscito per incidente e Freddie no: stava vincendo la prima gara del 1986 dopo la splendida doppietta 250 e 500 della stagione precedente, e si fermò spontaneamente a metà gara. Da allora, e per mesi, fu una serie continua di annunci e smentite, di torno e non torno: la tendinite (allora non si parlava del tunnel carpale), poi il ginocchio, poi la vista (!) e la testa. Di fatto, il fuoriclasse della Louisiana quell’anno non prese un punto e non sarebbe mai più tornato lo stesso. 

Intendiamoci bene: naturalmente per Marc ci auguriamo che possa riprendere al più presto la sua incredibile carriera, ci mancherebbe altro! Ma l’altra analogia si chiama Honda. Anche la moto del numero 19 era una Honda. E non voglio dire che correre per la Honda sia più usurante che correre per Yamaha o per Ducati: voglio soltanto sottolineare che, come in tanti altri campi, anche nelle competizioni motociclistiche essere il numero Uno comporta una pressione supplementare: perché sei il più esposto, perché parti per vincere e di conseguenza hai molto da perdere ogni volta che ti rimetti in gioco.

Tutti i piloti della MotoGP vorrebbero correre per la Honda (e oggi anche per la Ducati). Era orgoglioso del suo ruolo di pilota Honda Freddie Spencer come lo sono stati Mick Doohan, Valentino Rossi per un breve periodo o il mitico Mike Hailwood. Anche se nel suo caso, nel caso di Hailwood, correre per la casa dell’ala voleva dire essere in sella alle moto nettamente più tecnologiche e potenti del mondo, ma anche le più difficili da guidare per lo strettissimo range di utilizzazione dei motori e le ciclistiche approssimative. Ma ogni pilota vuole vincere e vuole tanta potenza, Mike si caricava volentieri delle magagne.

Così, anche tutte le altre case della MotoGP vorrebbero essere al posto della Honda, per lo meno vorrebbero avere tutto quel background e le risorse del maggiore produttore di moto al mondo. Come dicono i dati più recenti, Honda (con le consociate) figura davanti a Yadea e Hero per fatturato, ed è certamente la regina del pianeta per le grandi moto. Ma essere il numero Uno comporta dei rischi non trascurabili: tutti ti guardano, tutti ti studiano e vogliono batterti, restare in testa è impegnativo. Insomma, niente è gratis e occorre saperlo.

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