Tony Cairoli… visto dal paddock

Tony Cairoli… visto dal paddock
Massimo Zanzani
Moto.it ha intervistato alcuni dei più conosciuti frequentatori del paddock (Everts, Malin, Lupino, De Carli). Ci hanno parlato di Cairoli e del suo nono titolo iridato
12 settembre 2017

ANDREA BARTOLINI (Campione del mondo motocross 500 nel 1999)

«Tony è stato il pilota che ha amministrato meglio la stagione, inoltre ha anche il merito di aver vinto molto e non bisogna guardare ora che Herlings è al massimo livello quando invece lui ha comprensibilmente dovuto correre tenendo d’occhio anche il campionato. Un altro punto a suo favore è il fatto di avere dopo tanti anni ancora la voglia e la costanza di lavorare duramente e fare sacrifici. E questo ti dimostra come i veri campioni siano piloti come lui ed Everts, atleti nati vincenti che hanno saputo ripetersi nel tempo. Antonio è arrivato al suo 9° titolo con la capacità di lavorare costantemente per 11 mesi all’anno e con la rara dote di saper ragionare durante la gara così da saper quanto forzare per riuscire a vincere, lo dimostra il fatto che nella sua lunga carriera ha avuto pochi infortuni. E se ha ancora questa motivazione è giusto che prosegua perché per altri due anni può continuare ad essere favorito per il titolo sostenuto oltretutto da un fisico ancora piuttosto integro».
 


STEFAN EVERTS (10 volte campione del mondo e attuale team manager Suzuki)

«Tutto quello che ha avuto se l’è meritato, specie ultimamente che ha dovuto sopportare anche dei seri infortuni e grossi problemi famigliari. Sono stati per lui tempi duri, e vederlo ora ritornare al suo “vecchio” livello quando faceva cose magiche sulla moto è stato un piacere e dimostra come sia un vero campione e non solo un campione normale». Anche Herlings è stato molto forte, ma solo dopo metà stagione. «Nel suo caso penso si sia trattato più che altro di un problema di sicurezza nelle sue possibilità, se ci avesse creduto sin dall’inizio probabilmente sarebbe stato in lizza per il titolo prima di metà anno. Così è arrivato tardi, permettendo a Tony di prendere il largo e amministrare il suo vantaggio macinando punti con la massima oculatezza». Qual è il segreto di Tony per vincere così a lungo? «L’aver trovato il giusto compromesso tra allenamento, tempo libero e business, il divertimento che gli da ancora correre con la moto, e l’avere a disposizione una buona squadra dove si sente bene da tanti anni. Tre elementi che abbinati assieme ti permetto di goderti quello che fai perché a fine giornata è importante che ti sia divertito così da continuare a farlo a lungo, diversamente crolli prima. So bene cosa vuol dire perché la stessa situazione l’ho affrontata nella mia ultima stagione di gare, quando trovai il giusto equilibrio con questi tre aspetti, avrei potuto continuare più a lungo ma mi stancai di certi aspetti collaterali che non riguardavano la gara in se e nel 2004 mi svegliai al GP di Lichtenwoorde sentendo qualcosa dentro che mi fece decidere che avrei smesso da li a due anni, per fortuna è capitato nel momento migliore della mia carriera».
 


PAUL MALIN (Ex pilota iridato e ora commentatore televisivo Youthstream)

«Il titolo se lo merita in pieno perché ha preso il controllo del campionato dal primo GP, e non conta se Herlings si è infortunato ad inizio stagione o se Gajser ha perso il comando per una serie di cadute perché ciò è quanto successo a Tony negli ultimi due anni. Le competizioni sono così in qualsiasi sport, nessun risultato è mai garantito. Antonio ha iniziato la stagione già fortissimo ancora prima che iniziassero i GP, lanciando il chiaro messaggio agli avversari che era tornato come ha poi confermato vincendo subito in Qatar. D’altronde è un pilota molto intelligente, che sa come vincere i titoli come dimostra il fatto di aver vinto meno manche di Herlings ma nonostante ciò ha accumulato un vantaggio in campionato quasi imbarazzante. E’ curioso ripensare quando vinse il suo 5° o 6° titolo che si diceva che non avrebbe mai raggiunto il record di Everts perché avrebbe dovuto vincere ancora tanto consecutivamente, ed invece eccoci oggi ancora a decantare la sua grandezza. Per un pilota così veloce e talentuoso il prossimo anno sarà impegnativo vista la competitività di Jeffrey ma non impossibile, grazie anche al supporto di Claudio De Carli che gli è sempre stato vicino in tutti questi anni e che lo ha sempre supportato al meglio da tutti i punti di vista. Inoltre ha ancora una straordinaria voglia di vincere che gli permette di continuare ad avere quella perfetta combinazione di velocità, determinazione e preparazione atletica».
 


ALEX LUPINO (Pilota MXGP e grande amico di Cairoli)

«Tony innanzi tutto è una persona normale, la nostra amicizia è nata quando ho iniziato a fare il Mondiale nel 2007 nel team De Carli in quanto lui era mio compagno di squadra e il nostro rapporto è diventato sempre più stretto. Non si direbbe ma Tonino è molto timido, e allo stesso tempo molto altruista per cui come carattere ci troviamo molto”. Se non ricordo male allora in sella alla Yamaha 250 in allenamento gli davi anche paga… «Anche adesso - risponde ridendo - diciamo che ci troviamo bene anche sotto questo aspetto perché ci tiriamo a vicenda, la differenza e che mentre il mio passo è sempre quello lui si sa gestire meglio. D’altronde aldilà di questa sua sembianza di normalità è molto forte di testa, è capace di farsi scivolare delle cose addosso senza nessuna conseguenza, in qualsiasi cosa che fa vuole vincere e arrivare al suo obbiettivo per questo non si è mai stufato anzi, ora che ha 32 anni lo vedo con ancora più grinta di 4 o 5 anni fa. Il nostro rapporto mi piace anche perché quando non siamo in moto non parliamo di moto, abbiamo passioni comuni come la pesca, le armi di libera vendita, i modelli di auto radiocomandate, mentre quando ci alleniamo in bici o correndo a piedi in due è molto più divertente. Quest’anno il titolo se l’è meritato anche più degli altri otto, perché dopo due anni veramente difficili ha cambiato il modo di affrontare la gara anche perché ultimamente le manche si sono accorciate per cui è variato anche il sistema si allenamento. Sia a me che anche a lui i 5 minuti in più ci piacevano maggiormente perché anche se sembra un periodo molto corto verso fine gara riuscivi a fare la differenza, ed è stato bravo a trovare il modo per essere superiore anche con una tempistica di gara più limitata». Se ti dessi la bacchetta magica, quale dote gli copieresti? «Lo stimo molto come ragazzo, ma la dote che vorrei avere sono le sue fantastiche partenze, al via è quasi sempre nelle prime posizioni mentre io quando va bene sono a metà gruppo, tanto che spesso sui social mi prende in giro come in Svizzera quando ho postato la foto della mia prima partenza in testa e ha commentato “che strano, di solito quando la superi tu stanno già allineandosi al cancello della MX2”…».
 


MASSIMO RASPANTI (Team manager Monster Energy Yamaha)

«Herlings veniva da un infortuno e ha debuttato non conoscendo i suoi avversari della MXGP, ciò nonostante Tony si è meritato il titolo perché ha disputato probabilmente la sua migliore stagione della sua carriera in una annata dove c’erano sulla carta non meno otto piloti col potenziale di poter vincere una manche. D’altronde anche l’anno scorso pur non essendo esente da problemi è pur sempre terminato 2° dimostrando a chi diceva che era finito come forse non era proprio così…. Di lui mi piace la sua intelligenza e freddezza che non gli fanno perdere la bussola se in una manche finisce 3° o 4°, e ciò gli permette di vincere magari quella successiva. Spero che continui a correre perché penso sia un bene per tutto il nostro sport».
 


ROBERTO ANTONELLINI (Responsabile tecnico racing service Pirelli ed ex meccanico Everts)

«Dal punto di vista tecnico Antonio non è affatto noioso, sa il fatto suo e si fa presto a trovare la soluzione migliore per le sue esigenze. Addirittura quando si corre sulla sabbia non ha mai nessun problema, come dice lui scherzando “per me la gomma basta che sia tonda e nera…” anche se poi la sua scelta è sempre molto ponderata. Il Mondiale se l’è meritato alla grande, non solo perché i suoi maggiori avversari hanno mediamente una decina di anni in meno di lui ma anche per aver fatto meno errori, non essersi fatto male ed aver portato a casa sempre punti buoni che poi ad un certo punto dell’anno gli hanno permesso di amministrare il campionato». Il tuo passato a fianco di Everts come meccanico nei suoi ultimi anni prima di appendere il casco al chiodo ti ha permesso di conoscerlo in profondità, riesci a fare un parallelo tra questi due campioni? «Stefan essendo belga e quindi più nordico aveva un atteggiamento più meticoloso e un po’ più riservato, però trovo una grande similitudine nel modo di prepararsi e in quello di interpretare la gara ovvero quando è ora di vincere si vince ma quando è il caso di accontentarsi lo si fa egualmente. Ricordo quando Everts una sera a cena dopo aver vinto l’8° titolo ci disse che da li a due anni avrebbe chiuso la sua carriera senza immaginarsi che avrebbe aggiunto un altro titolo per ogni stagione disputata, ora spero che anche Tony continui a provarci perché se centrasse l’obbiettivo sarebbe bello innanzi tutto per lui ma anche per l’Italia».
 


MICHELE LAVETTI (Meccanico Cairoli ed ex campione italiano Supermoto)

«Innanzi tutto Tony è una persona molto tranquilla ed un pilota facile da accontentare, tecnico al punto giusto nel senso ne troppo ne poco, preciso nel suo lavoro, sa da solo quello che deve fare per la sua preparazione, e ha un grande talento e una buona tecnica ma dietro a tutto questo ci sono una forza di volontà e una dedizione straordinarie che sa perfettamente mettere in atto per arrivare ai suoi obbiettivi. Ha quasi tutto di speciale, ad iniziare dal fatto che non molla mai, anche due anni fa quando si è infortunato è andato contro al dolore e alla parola arrendersi che non fa proprio parte del suo dizionario, è la cosa che fa tanta differenza in un pilota e che gli ha permesso di vincere così tanti titoli». Ma Tonino quand’è che si arrabbia? «Mi sa che in cinque anni al suo fianco non l’ho mai visto veramente arrabbiato, magari posso averlo visto infastidito per delle dichiarazioni stupide o ingiuste nei suoi confronti, neanche quando gli va male una gara perde la calma perché ci riflette tanto, analizza per bene la gara e quindi capisce dove ha sbagliato cercando di mettere a frutto gli errori». Com’è invece con lui quando siete fuori dalle gare? «Bellissimo perché si fa di tutto e di più, nel senso che quando si lavora li si fa al 110% ma poi si rie e si scherza tranquillamente e il rapporto è molto sereno e amichevole, me lo sento come un fratello minore perché è un gran bravo ragazzo e assieme si sta molto bene. Oltretutto anche nella vita di tutti i giorni lui sta molto con tutti noi, è prima volta che vedo un pilota così legato alla propria squadra e alle persone che lavorano per lui».
 


DIRK GRUEBEL (Coordinatore tecnico KTM racing)

«Sono contento che sia riuscito ad avere i risultati che si è ampiamente guadagnato per tanti anni. Non so come sarebbe proceduto se anche Jeffrey fosse stato a posto fin dall’inizio perché ho seguito sia lui che Tony nella preparazione invernale e devo dire che entrambe avevano raggiunto un livello fantastico, per cui probabilmente avremmo assistito ad una stagione fantastica. Ma coi forse non si costruisce la storia e rimane il fatto che Cairoli si è meritato il campionato ed Herlings è arrivato al secondo posto in campionato come un uragano a ciel sereno». Che differenze ci sono tra loro due? «Sono completamente diversi: bianco e nero. Tony è un ragazzo più agiato che pensa anche a godersi la vita mentre Jeffrey in questa sua fase di vita è dedicato allo sport al 100% e ai risultati nelle gare, così come sono agli antipodi sulla moto visto che l’olandese è più aggressivo e istintivo e l’altro più fluido e calcolatore. Dal punto di vista tecnico invece sono piuttosto simili, anche se ovviamente è completamente diverso il setting delle sospensioni in quanto è diverso il loro peso e stile di guida. Forse Jeffrey dal momento in cui si è fatto più veloce ha chiesto un po’ più di prestazioni dal motore, mentre Tony una volta scelta la configurazione giusta non ha sentito più il bisogno di cambiarla. Ora che ha vinto il 9° titolo sicuramente pensa già al successivo perché si sente benissimo, ha una grande condizione fisica, è più forte che mai e non avrebbe senso non provarci. Ovviamente non si sa come saranno i suoi avversari perché una stagione storta può succedere a tutti come quest’anno a Gajser, ma è il bello dell’attesa della prossima stagione che si preannuncia fantastica».
 


CLAUDIO DE CARLI (Principal Team KTM Red Bull De Carli)

«Quando inizi a lavorare con Tony per la stagione successiva capisci che il sogno che hai nel cassetto ha fondate speranze che si tramuti in realtà e quest’anno tutti eravamo convinti di potercela fare visto il grance lavoro che avevamo fatto durante l’inverno. Avevo capito che era una cosa concreta già prima di iniziare la preparazione invernale quando gli chiesi che intenzioni aveva, se magari col passare degli anni si sentiva già un po’ appagato, e semplicemente guardandolo negli occhi ho realizzato che la sua voglia di vincere non era cambiata affatto. E la nostra è stata una soddisfazione doppia, visto che in molti lo avevano dato come un pilota in declino, e la sofferenza patita in questi ultimi due anni a causa dei suoi infortuni. Lavorare con lui comunque è sempre un piacere, addirittura tutti questi anni passati assieme sembrano volati e pensare al primo titolo del 2005 sembra ieri perché all’interno del team fa stare tutti bene e in armonia, ha sempre la battuta pronta, non si monta mai la testa e passa molto tempo con noi, avere lui in squadra è stata proprio una fortuna». Lui è entrato nel team quando aveva 18 anni, si può dire che l’hai plasmato anche tu? «E’ arrivato in punta di piedi e con la massina discrezione, ascoltando l’ABC del motocross mondiale. Da quel momento in poi però è stato una sua evoluzione continua che abbiamo fatto sempre di pari passo, tanto che lui non è riuscito a fare a meno di noi e noi di lui, e probabilmente abbiamo fatto bene così perché assieme abbiamo vinto nove titoli iridati con una solidità temporale che penso sia da record. Nei vent’anni della mia attività come team manager sommando quello di Chicco Chiodi nella 125 sono 10 i titoli iridati che la mia squadra ha vinto». Il segreto dei successi di Tony si basa su determinazione, forza mentale, tecnica di guida, ecc., quella del team De Carli invece? «Che quando non si vince nel momento in cui arrivi a casa analizzi subito i motivi e qual è la strada per ritornare ai massimi livelli senza montarsi la testa. Inoltre noi lavoriamo col pilota non solo a livello tecnico ma anche a quello psicologico, praticamente è un lavoro a 360° che ti fa entrare in un’atmosfera quasi magica che penso in pochi siano riusciti a fare, tra i quali Rinaldi con Everts e De Coster con Dungey. Ciò ci ha sempre dato la carica per fare il massimo anche sulla moto, che abbiamo sviluppato continuamente sin da quando abbiamo avuto per le mani la 350 che abbiamo cucito addosso a Tony fino ad arrivare alla 450 di quest’anno che ci ha dato così tante soddisfazioni del livello che abbiamo raggiunto da poter dire che mi sento molto fiero di quanto fatto».